lunedì 1 marzo 2010

L'amplificatore

C'è stato un tempo in cui Biopapà amava distinguersi dalla massa con fierezza e orgoglio.
Ribelle al sistema, urlava al mondo che le regole andavano cambiate, riscritte.
Lunghe chiome scendevano sulle spalle e a ogni passo rimbalzavano sul giubbotto nero di pelle; cangianti jeans elasticizzati, scarpe da ginnastica slacciate, T-shirt con nomi di gruppi musicali pieni di consonanti dure e spigolose come la musica che suonavano riempivano l'armadio.
In camera un grande amplificatore e una chitarra elettrica - spigolosa, irregolare e ribelle anch'essa - erano sempre pronti a urlare con lui la decadenza di un mondo ingiusto e materialista, un mondo senza più spazio per la poesia e l'introspezione.
Si era guerrieri nell'anima, rivoluzionari nel cuore.
Poi, si sa, il tempo passa.
Si diventa grandi e si perde quel poco di giudizio che si aveva da ragazzi.
Si mette la testa a posto: in un vasetto sigillato di formaldeide.
L'istinto naturale prende il sopravvento con la necessità di perpetrare la specie, e si mette su famiglia.
Il che di questi tempi è un altro bel modo per distinguersi dalla massa, in effetti.
Così viene il momento in cui ci si rende conto che lasciare l'amplificatore in soffitta è quantomeno un insulto al proprio passato, e si farebbe cosa buona e giusta a venderlo, così che possa nuovamente comunicare emozioni al mondo circostante.
Un annuncio online, et voilà, ecco che si materializza Rodolfo, appassionato musicista interessato all'acquisto.
Un lustro più giovane del sottoscritto, arriva a Casa Caotica verso l'ora di cena.
Resta con noi una mezz'oretta abbondante. Tempo più che sufficente per farsi un'idea.
Ammira l'estetica squadrata dell'amplificatore; squadra estatico lo scenario della famiglia.
Ascolta il suono ruggente dell'amplificatore; percepisce il caos disordinato della famiglia.
Improvvisamente e senza alcuna logica, come ectoplasmi compaiono e scompaiono piccole bambine urlanti qua e là.
La cena è pronta, ma i richiami più o meno incisivi non sortiscono effetto e nessuno si presenta a tavola.
L'ampli alterna convincenti suoni distorti a meno convincenti fischi di sottofondo.
Una fitta alla gamba di papà, una sensazione di stritolamento: una bambina si è avvinghiata.
Biomamma affonda la stoccata all'amico Rodolfo: "E tu, niente figli?".
"No, per ora no..."
E' passata mezz'ora abbondante dal suo arrivo. Tempo più che sufficente per farsi un'idea.
Sulla famiglia.
Il sottoscritto tenta il recupero vìs-à-vis: "So che sembrerà strano, ma se solo qualche anno fa mi avessero dipinto questo futuro sarei rimasto scioccato, e ora invece sono soddisfattissimo. Sì, non suono più. Non esco più molto con gli amici. Niente più baldoria fino a tardi. Forse un concerto all'anno, se va bene. Ma vuoi mettere le soddisfazioni e i piaceri di oggi?".
Silenzio irreale. Nella stanza a fianco, le urla di bambine litiganti appaiono improvvisamente distanti, ovattate.
Rodolfo bofonchia.
"Sì, sì....lo prendo...!".
Amplficatore rapidamente caricato in macchina, e Rodolfo parte frettolosamente in direzione Sud.
Senza voltarsi indietro. Nemmeno una volta.

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